Raccontata come leggenda ma trattasi di un fatto realmente accaduto
Aggrapparsi alla vita! (Raccontata come leggenda ma trattasi di un fatto realmente accaduto) Correva l’anno 1964 e la Guardia di Pubblica Sicurezza C.C. (ora prossimo ai 90 anni), percorreva la SS19 meglio nota come Statale delle Calabrie (Basilicata) a bordo della sua Moto Guzzi Falcone rossa detta anche “affetta prosciutti” (per portare al suo fianco una ruota simile a quella delle affettatrici “berkel”), insieme al suo abituale gregario, l’Agente di Pubblica Sicurezza A.R., quando si spezzo la catena e C.C. venne sbalzato violentemente a diversi passi del motoveicolo. Batté la testa e a nulla valse il casco regolamentare noto come “scodella” (copriva solo una parte del cranio).
C.C. perse conoscenza e perse anche un po’ di materia celebrale. Soccorso da A.R., lo sventurato venne trasportato con un’auto di passaggio (a quei tempi non si trovavano facilmente telefoni pubblici e i cellulari erano una invenzione appartenente alla fantascienza di là da venire) e fu trasportato all’Ospedale più vicino, quello di Maratea (sarebbe giusto dire nell’unico Ospedale della provincia).
I Sanitari fecero il possibile per salvarlo ma poi si arresero all’evidenza e lo inviarono alla Camera Mortuaria della struttura.
Corse subito all’accettazione e diede l’allarme. “Presto, fate presto, il mio collega non è morto, dovete salvarlo”. Fu così caricato in autoambulanza e trasportato, a sirene spiegate, all’Ospedale Cardarelli di Napoli. Dopo qualche anno, C.C. si riprese e tornò in servizio. Il Ministero, però, sapendo che gli era stata impiantata una placca d’argento a parziale copertura della calotta cranica, pensò di premiarlo trasferendolo ad un’altra Amministrazione dello Stato. C.C. fu categorico, neanche a parlarne.
Mi sono arruolato in Polizia e niente e nessuno potrà obbligarmi a lasciare il mio lavoro.
Bisogna impedire che altri automobilisti muoiono (Gennaro Nablo)