Femminicidi: Più incisione da parte dello stato nelle condanne

Femminicidi: Più incisione da parte dello stato nelle condanne

Femminicidi: Più incisione da parte dello stato nelle condanne

Femminicidi: Più incisione da parte dello stato nelle condanne

di Salvo Neri

Femminicidi: Una continua mattanza di donne, che non interessa a nessuno che passa inosservata senza nemmeno indignarci. Mattanza e non solo, ma anche continue e ripetute violenze maschili su donne e minori, sempre più spesso ignorate o occultate. Questa carissime donne è l’Italia contro le donne. Questa è l’Italia nella quale esistono uomini ai quali è permesso giustificare la propria condotta, che vedono solo il proprio punto di vista, che impongono il proprio volere, che credono di poter decidere per gli altri, di poter usare la donna come un oggetto di proprietà, come una persona che non ha spazi privati e di libertà.

Questa è l’Italia

Dove la violenza nelle coppie tra adolescenti è il terreno fertile per il femminicidio e per la violenza domestica. Femminicidio, una parola che solo dieci anni fa in Italia non pronunciava nessuno al di fuori degli ambiti di attivismo contro la violenza alle donne. “Non serve, l’omicidio comprende tutto” era la risposta che andava per la maggiore quando si cercava di far capire che le donne uccise dentro a dinamiche tossiche di relazione erano un fenomeno che non aveva niente a che fare con quelle morte per criminalità comune, anche perché, mentre queste ultime diminuivano di anno in anno, le donne uccise per possessività rimanevano numericamente stabili.

Ancora si discute su quale debba essere però questo approccio

La ragione della resistenza di forze politiche e mezzi di informazione a usare una parola apposita era comprensibile: accettare di nominare diversamente il fenomeno significava doversene occupare con leggi e linguaggi specifici che andassero alla radice culturale del problema. C’è voluto un decennio di donne morte per mano di mariti ed ex mariti, compagni ed ex compagni, fratelli, padri, fidanzati lasciati o mai voluti per rendersi conto che la questione richiedeva un approccio mirato. Su quale debba essere però questo approccio, ancora si discute. Negli anni scorsi ha prevalso quello securitario, con leggi apposite che intervengono però solo quando la violenza si manifesta in modo fisico o persecutorio.

Nessuna o pochissime sono invece le azioni messe in atto

Al centro di questa visione c’è l’omicida o lo stalker e questo significa che, quando lo Stato comincia a occuparsene, la donna è già diventata una vittima. Nessuna o pochissime sono invece le azioni messe in atto per disinnescare alla base la cultura maschilista e patriarcale, quella che porta gli uomini a considerare le donne una loro proprietà e le donne a scambiarlo per amore. Occuparsi della violenza e non della discriminazione significa però sempre arrivare troppo tardi. Per questa ragione nei luoghi in cui si lotta contro la violenza alle donne il termine femminicidio non definisce solo la morte, ma anche la mortificazione delle donne.

L’aspetto più inquietante non riguarda solo i numeri

La morte fisica è infatti possibile solo dove è già stata consentita la mortificazione civile, cioè tutte le negazioni di dignità fisica, psichica e morale rivolte alle singole donne in quanto tali e alle donne tutte nella loro appartenenza di genere. Quando si parla di femminicidio, l’aspetto più inquietante non riguarda solo i numeri, ma l’età delle persone coinvolte, sia delle vittime che dei carnefici e i dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, raccolti su un campione di 11.500 adolescenti dagli 11 ai 19 anni, lo evidenziano chiaramente.

Un adolescente su dieci

Ha paura o ha avuto paura del proprio partner, mentre tre ragazzi su cinquanta si sentono incastrati nella propria relazione sentimentale, perché vittime di un fidanzato/a che minaccia di suicidarsi ogni qualvolta si litiga e ci si lascia, di cui il 60% sono femmine. Due adolescenti su cinquanta sono stati aggrediti fisicamente dal proprio partner e nel 64% dei casi gli aggressori sono i maschi; quasi due ragazzi su dieci hanno subìto aggressioni verbali, di cui il 58% sono femmine, mentre il 21% si sente controllato nelle proprie azioni e nei propri spostamenti, rispetto alle persone con cui esce e persino a come si veste.

A chi interessa il problema?

Le vittime, quando sono così giovani, non si rendono realmente conto che non esiste il “troppo amore”, che ciò che vivono non è frutto di un sentimento ma possesso e che loro non sono l’oggetto di un’altra persona, con l’ingenuità di chi crede ancora nell’amore e nell’altro e non pensa che si possa arrivare ad uccidere. Gravissimo problema quello della violenza nelle coppie e tra gli adolescenti. Ma chi ne parla? Nessuno!! A chi interessa il problema? A nessuno!!
Chi ha mai preso seri ed efficaci provvedimenti?

Nessuno! Intanto in Italia il femminicidio, le tante donne violentate, stuprate, non sono più un’emergenza, ma fanno parte di un problema sistemico e strutturale perché funzionali alle logiche del sistema di potere maschile: “il patriarcato” che nei secoli ha permeato la cultura e le relazioni. Un problema che occorre quindi combattere su più fronti. L’insieme di misure più rigide e incisive insieme a pene certe in materia di violenze di genere da sole non bastano, e pertanto si richiede un’azione più consapevole di severa prevenzione, concreta e costante.

Un impegno educativo e culturale contro mentalità distorte
A questa si deve affiancare, nell’intera società, un impegno educativo e culturale contro mentalità distorte e una miserabile concezione dei rapporti tra donna e uomo”. Alla violenza sessuale bisogna soprattutto rispondere con l’unico, forte e potente antidoto: L’Alfabetizzazione all’amore e ai sentimenti: a scuola con la cultura, in famiglia con l’esempio e la testimonianza. Salvo Neri
 riceviamo e pubblichiamo 

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