Andiamo Male: Sempre più negozi chiusi tra il 2012 e il 2022

Andiamo Male: Sempre più negozi chiusi tra il 2012 e il 2022

Andiamo Male: Sempre più negozi chiusi tra il 2012 e il 2022

Andiamo Male: Sempre più negozi chiusi tra il 2012 e il 2022

Il cittadino scrive il suo articolo il blog lo pubblica

Articolo di Salvo Neri

Andiamo Male molto male malissimo insistiamo

Sempre più negozi chiusi nel periodo compreso tra il 2012 e il 2022. Hanno chiuso circa 100mila negozi a cui si aggiungono le oltre 16mila imprese di commercio ambulante che hanno “abbassato la serranda” negli ultimi 10 anni. Andiamo male, molto male, malissimo e insistiamo! Insistiamo a far crescere senza freni, costantemente le vendite on-line, lo sviluppo della distribuzione moderna e lo spostamento del consumo alimentare dall’ambiente domestico a fuori casa. Continuiamo anche se sappiamo che questi hanno inciso profondamente sulla contrazione dell’intero comparto.

Un continuo abbassare saracinesche

Che il cambiamento delle abitudini alimentari ha, contribuito ad abbassare la crescita del settore della ristorazione, che ha visto un continuo abbassare saracinesche di bar, ristoranti e alberghi le città medio-grandi sono quelle più colpite da tale desertificazione rispetto ai centri più piccoli, che ancora si sviluppano attorno alle attività di quartiere e che sono anche meno soggetti all’arrivo di catene globalizzate.

Andiamo male malissimo e insistiamo a far chiudere negozi e piccole botteghe

Le cause della desertificazione, risiedono nel diverso modo di fare acquisti, ovvero online, la crisi energetica, che ha messo duramente alla prova il tessuto commerciale e una grossa fetta della riduzione “è dovuta, purtroppo, alla stagnazione dei consumi di tipo strutturale che affligge l’Italia da tanto tempo”. Le cause, perciò, sono molteplici e si collocano molto indietro nel tempo, in quello che è il nostro assetto organico del settore commerciale. In questo scenario, un altro dei fattori che può incidere sensibilmente sulla solidità strutturale del piccolo commercio è la mancanza di una cultura assicurativa e una conseguente esposizione a rischi che, se non gestiti adeguatamente, possono contribuire alla chiusura di un’attività.

A un ritmo di 18 negozi spariti al giorno

Le strade su cui puntare per una ripresa sono l’efficienza e la produttività, anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta. Comprare on-line, sono la causa principale di tale decrescita. L’acquisto su internet è infatti passato negli ultimi anni da vendite per 16,6 miliardi di euro nel 2015 a 48,1 miliardi nel 2022. Con la tendenza attuale, la stima per i prossimi 7 anni, da qui al 2030, è che i negozi di vicinato calino bruscamente di circa 73mila unità. “A un ritmo di 18 negozi spariti al giorno “.

Confesercenti segnala quanto sia difficile aprire una nuova attività

A diminuire rispetto al 2019, in numeri assoluti, sono soprattutto i negozi di moda, edicole e i negozi con articoli di cartoleria. In forte contrazione anche i negozi di panetteria e dolci e le macellerie. Più contenuta la perdita per le librerie. Confesercenti segnala quanto sia “difficile aprire una nuova attività. Nel 2022 sono nate solo 22.608 nuove attività”: il 20,3% in meno del 2021. Per far fronte al rischio desertificazione e al calo del potere d’acquisto delle famiglie occorrono prima di subito misure fiscali per ridurre la pressione delle imposte sugli italiani.

Occorre immediatamente “detassare i piccoli negozi” con regime fiscale di vantaggio per i negozi che fatturano meno di 400mila euro all’anno
“Serve anche un pacchetto di formazione per gli imprenditori, sostegno all’innovazione e agli investimenti tecnologici, e l’introduzione della cedolare secca per le locazioni commerciali. Siamo convinti che, con queste misure, sarebbe possibile ridurre gli effetti dell’erosione delle quote di mercato delle piccole superfici, recuperando 5,5 miliardi di euro di vendite, e salvando quasi 30mila attività commerciali dalla scomparsa nei prossimi 7 anni “.
Ai commercianti l’ardua sentenza

E’ quanto sostengono non solo le associazioni di categoria, ma anche i periti ed esperti, persone che, nel corso degli studi e delle attività professionali svolte, hanno acquisito una particolare conoscenza nel settore commercio. Sarà vero il loro dire, proporre e pensare? Potrebbero essere giuste proposte? Ai commercianti l’ardua sentenza. Salvo Neri

riceviamo e pubblichiamo l’articolo del cittadino


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