Era sempre meglio prima botteghe/supermercati chiusi la domenica

Era sempre meglio prima botteghe/supermercati chiusi la domenica

Era sempre meglio prima botteghe/supermercati chiusi la domenica

Era sempre meglio prima botteghe/supermercati chiusi la domenica

di    Salvo Neri

SALVO NERI: Su questo blog da me definito ”diario del giorno”
Con numeri importanti di visualizzazioni, a dimostrazione che leggere, “”sfogliare”” durante l’arco della giornata il blog Galg61 The Social News di Informazione Sociale è una scelta azzeccata, non solo per progetti personali, ma anche per le imprese, le attività e aziende, anche quest’oggi nella pagina : il cittadino ci scrive, propongo un mio scritto, una mia esternazione, una mia riflessione, che troverà come sempre un particolare humus di lettura, cosi come i tanti articoli e contenuti, che riescono senza dubbio a conquistare l’interesse del pubblico.Un blog professionale ed interessante, diventato da tempo simbolo di affidabilità per il lavoro costante di informazione, attento e accurato. Un canale di formidabile efficacia, che avvicina un pubblico perfettamente in target e, al tempo stesso che fa aumentare il sentimento di fiducia per la differenza dei contenuti.

A tal proposito oggi sottopongo alla vostra cortese attenzione l’argomento dal titolo:

“”Era sempre meglio prima, riflessioni sulle piccole botteghe ai supermercati chiusi la domenica in Europa prima dell’Unione, con gli Stati che conosciamo”” Una volta, prima che le liberalizzazioni rovinassero le famiglie, c’erano i supermercati chiusi la domenica. Così le famiglie trascorrevano la giornata insieme, a far scampagnate, andare a messa o guardare Domenica In. Soprattutto i lavoratori dei supermercati non dovevano fare i turni di domenica, cosa che, ben lontano dal costituire sfruttamento, probabilmente rappresenta, specie per chi ha figli, un inconveniente.

Poi è arrivata l’Unione europea con le sue frontiere aperte

Allora, perché non facciamo come facevamo prima, chiede qualcuno, dimenticando che una volta prima le donne lavoravano assai meno di oggi e, quando lo facevano, faticavano molto più di oggi a inserirsi nel mondo del lavoro, perché c’era un intero sistema, fatto di negozi chiusi nel weekend, che presupponeva che un membro della famiglia, in genere quello dotato di un utero, avesse il tempo di fare la spesa durante la settimana. Poi è arrivata l’Unione europea, con le sue frontiere aperte, che dieci anni fa ha avuto pure la faccia tosta di allargarsi e così sono arrivati e continuano ad arrivare immigranti di ogni colore e tipo e religioni diverse.

Perché non facciamo come facevamo allora

Perché non ricostruire qualche barriera e qualche dogana? E poco importa anche che prima, forse, il contributo degli immigrati alla nostra economia fosse meno necessario, perché c’erano più italiani ben contenti di fare gli idraulici e gli elettricisti, e la richiesta di badanti era meno sentita perché, beh, le persone vivevano meno e le donne stavano a casa con più tempo per dedicarsi ai genitori e ai suoceri anziani. Una volta, prima della globalizzazione, i pomodori sapevano di pomodoro perché erano coltivati dietro casa e le albicocche arrivavano dalla Liguria, anziché dalla Turchia. Non si capisce davvero perché non si debba tornare a fare come facevamo prima, e poco importa che le albicocche turche costino la metà delle albicocche liguri, basta alzare i dazi, chiudere le frontiere e i consumatori non saranno più tentati, e se non hanno più frutta, che mangino brioche.

L’impressione è che tra una certa sinistra a chilometro zero esattamente come a destra

Si stia facendo sentire sempre più la voglia di tornare al passato. Che si tratti di modelli economici o di sanità pubblica, la nostalgia sembra anzi l’elemento distintivo della sinistra più reazionaria. Il problema, in questa voglia di passatismo, è doppio: c’è una questione ideologica, certo, perché l’idealizzazione del passato è per sua natura reazionaria, e non dovrebbe trovare cittadinanza in una sinistra che ha diritto di definirsi tale; ma ancora di più c’è una questione pratica, cioè la mancata presa di coscienza che i modelli del tempo che fu, ammesso e non concesso che siano “migliori”, non possono essere applicati oggi.

I supermercati chiusi la domenica non sono banalmente un modello sostenibile

In un mondo in cui le donne sono parte integrante del mondo del lavoro e in cui (scandalo!) può anche capitare che esistano famiglie composte da genitori single, cui, per ovvie ragioni, il sabato da solo non basta per fare tutte le commissioni. Tenere aperti i supermercati la domenica non sfascia le famiglie, permette alle famiglie non tradizionali, dove per «non tradizionali» s’intende “non-ferme al modello degli anni Cinquanta”, di esistere. Con tutti i problemi che la modernità da sempre si porta appresso, ma che a una società matura tocca risolvere, non affossare con lo sguardo rivolto perennemente all’indietro. ………e allora torniamo al passato per il “”futuro”” con un secco NO!! a nuove superfici commerciali in città destinate alla grande distribuzione.

Superati gli equilibri tra piccoli negozi di vicinato e la grande distribuzione organizzata
L’ipotesi di vedere sorgere nuovi grandi supermercati, con superfici che superano i 1.500 metri quadri, e centri commerciali, seppur organizzati e regolamentati da una variante urbanistica, non è remota. Il che preoccupa non poco le associazioni di categoria per la sofferenza che nuovi e imponenti concorrenti potrebbero causare alle piccole attività di vendita al dettaglio. Del resto, la questione delle superfici commerciali e la loro espansione è già stata motivo di pesanti contestazioni e di prese di posizione differenti dei principali attori protagonisti in merito, continuando ad andare avanti nonostante è sotto gli occhi di tutti come siano stati ampiamente superati gli equilibri tra piccoli negozi di vicinato e la grande distribuzione organizzata. Oltretutto in questo momento siamo alle prese con i gravi problemi che il caro energia sta causando o causerà alle piccole realtà commerciali. Salvo Neri

riceviamo e pubblichiamo l’articolo del cittadino


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