L’Italia delle frane: dal 2016 al 2023 sono più di 620 mila

L'Italia delle frane: dal 2016 al 2023 sono più di 620 mila

L'Italia delle frane: dal 2016 al 2023 sono più di 620 mila

L’Italia delle frane: dal 2016 al 2023 sono più di 620 mila

di Salvo Neri

Numeri che però non si fermano

Ma aumentano di anno in anno, in media di mille unità, e che rilevano quanto sia grande il problema: si tratta infatti di nuove frane o di quelle che si riattivano. “Eventi – scrivono ricercatori – che causano impatti significativi sulla popolazione, sui centri abitati e sulla rete stradale e ferroviaria”. Già nel 2021 quasi il 94% dei comuni italiani è stato considerato a rischio frane, alluvioni o erosione costiera, mentre il 18,4% del territorio nazionale è stato classificato di “maggiore pericolosità ma non diamo la colpa solo al maltempo. Cresce con una media di mille eventi l’anno il numero di frane sul territorio nazionale.

Non è solo una situazione meteorologica

É questa l’ultima fotografia sul dissesto idrogeologico curato dall’Ispra con le Regioni e le province autonome nel maggio 2023 in occasione della tragedia che ha colpito l’Emilia-Romagna dove si racconta l’Inventario dei fenomeni franosi in Italia. E quanto è avvenuto a Bardonecchia dove si è staccata una frana ad alta quota provocando un’ondata di fango, sempre secondo i ricercatori, non è solo colpa del “cattivo tempo”. Non è solo una situazione meteorologica, ma un insieme di problemi che portano ad avere, dopo mesi di siccità, paesi inondati dall’acqua, fiumi che superano gli argini. Dopo le Marche, Ischia e l’Emilia-Romagna, arriva un nuovo campanello d’allarme della crisi climatica che non provoca solo danni all’ambiente, ma all’economia e al tessuto sociale dei territori che stravolge.

Il delicato equilibrio che si cerca tra sostenibilità ambientale sociale ed economica

È sotto le frane finisce anche il delicato equilibrio che si cerca tra sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Il fango travolge tutto. Basta pensare che in 50 anni (dal 1972 al 2021) le frane hanno causato 1071 morti, 10 dispersi e 1.423 feriti milioni di persone esposte a rischio. Su un totale di oltre 14 milioni di edifici, quelli ubicati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata superano i 565 mila (3,9%), mentre poco più di 1,5 milioni (10,7%) ricadono in aree definite “inondabili nello scenario medio”. Le industrie e i servizi ubicati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono invece oltre 84mila con 220mila addetti esposti a rischio, mentre quelli esposti al pericolo di inondazione, sempre nello scenario medio, superano i 640mila (13,4%).

Rilanciamo le politiche climatiche

Non c’è più tempo Non chiamatelo solo maltempo. Dare la colpa solo al maltempo è riduttivo. I ricercatori che hanno curato il documento indicano anche quali possono essere i motivi che generano questi fenomeni. “Le cause del dissesto, vanno ricercate nelle condizioni fisiche del territorio italiano: geologicamente giovane e tettonicamente attivo, costituito per il 75% da colline e montagne”. Ma non è tutto. Alle cause naturali, alluvioni, piogge intense e terremoti, si aggiungono “sempre più di frequente quelle antropiche legate a tagli stradali, scavi, costruzioni, perdite da acquedotti e reti fognarie. Ci sono poi anche gli impatti dei cambiamenti climatici sui fenomeni franosi che vanno a interessare sia quelli che avvengono sui versanti in alta quota, sia quelli superficiali e altri che hanno origine da piogge brevi e intense.

Consumo di suolo e mancata manutenzione

Così i nostri fiumi esondano con danni enormi. Per sopravvivere a tutto questo e fronteggiare il problema del dissesto idrogeologico in Italia, il fabbisogno minimo è di 26,58 miliardi di euro. Da destinare soprattutto ad opere e interventi di prevenzione e mitigazione. La nuova guerra del clima: una lotta per riprenderci il nostro pianeta. La necessità di agire è urgente Il cambiamento climatico sta provocando impatti maggiori del previsto, e a temperature più basse di quelle stimate, sconvolgendo i sistemi naturali e condizionando la vita di miliardi di persone in tutto il mondo. Si rileva che siccità e ondate di calore stanno uccidendo alberi e coralli; l’aumento del livello del mare sta obbligando gli abitanti delle aree più vulnerabili a lasciare le proprie case; e le condizioni meteorologiche estreme potrebbero aumentare le probabilità di conflitti violenti.

L’unico passo realmente significativo rimane ridurre quanto prima le emissioni dei gas a effetto serra
Se non venisse presto arrestato, il riscaldamento globale potrebbe portare all’estinzione della metà delle specie terrestri, alla diffusione della malnutrizione in più parti del mondo e a una frequenza sempre maggiore di scenari climatici estremi. I poveri, i giovanissimi e gli anziani, insieme alle minoranze etniche e alle popolazioni indigene, sono i gruppi più a rischio. E a dispetto delle misure in atto che mirano a limitare l’impatto del cambiamento climatico, l’unico passo realmente significativo rimane ridurre quanto prima le emissioni dei gas a effetto serra.
Aumento della temperatura media globale di poco meno di 1,1 gradi Celsius

Ad oggi, le emissioni di gas a effetto serra hanno causato un aumento della temperatura media globale di poco meno di 1,1 gradi Celsius, che comportano all’assistere a impatti negativi molto più diffusi e molto più marcati di quanto ci aspettassimo. Particolarmente preoccupante, è notare che questo aumento delle temperature relativamente contenuto è stato sufficiente a innescare lo scioglimento del permafrost, il prosciugamento delle torbiere e il danneggiamento delle foreste a causa di focolai di insetti infestanti. Salvo Neri

Il cittadino scrive il suo articolo il blog lo pubblica


HOME PAGE

Immagini collegate: